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Mariacristina Di Giuseppe 

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Le parole che ho visto,
le immagini che ho scritto.

©

 

"Tra immagini e parole, un viaggio nel mio mondo e nel mio modo di restituire i sentimenti, l'onda prepotente della vita, la bellezza, la natura che ci attraversano, ci nutrono e ci svezzano all'esistenza. Siamo il vocabolario di un grande romanzo d'avventura. I nostri pensieri ne sono la punteggiatura, strumento minimo nel segno, appena pronunciato, ma potentissimo nella proiezione, nel dare senso e sentimento a una sfilza di lettere in ordine convenzionale. Amo la fotografia, la pittura e tutte le forme d'arte. Sono sommi atti di gratitudine, slanci mirabili dell'animo umano".

 



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     Mariacristina Di Giuseppe 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 

Note biografiche

Romana di nascita, classe 1970, compie gli studi classici e quelli accademici di carattere storico-politico coltivando, parallelamente, una grande passione per la fotografia, passione che la porta a frequentare, inizialmente, ambiti "artistici" legati al teatro e alla realizzazione di foto di scena. Ha l'occasione, in seguito, di avvicinarsi al mondo della musica, ambiente nel quale realizza servizi, immagini per cover, booklet e manifesti per diversi artisti, tra i quali Edoardo De Angelis, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi, Ennio Morricone, Clara Murtas, Tosca.

Nel tempo, la frequentazione di tali ambiti ricchi di fermenti e creatività le consente di scoprire in sé l’attitudine a una particolare forma di scrittura, sospesa tra la cifra poetica e il fluire della prosa. Accanto alla passione per la fotografia si sedimenta, così, anche quella per la parola scritta.

È autrice degli interventi di scrittura, offerti alla voce di Tosca, per il teatrale musicale Altre emozioni – Omaggio a Sergio Endrigo, nella serie di concerti andati in scena con l’Orchestra Sinfonica e Coro del Friuli Venezia Giulia.

In seguito, è chiamata a scrivere pagine destinate a voci recitanti, tra canzone e canzone, nella produzione del Teatro Massimo di Palermo Summertime – Ninnenanne dalla Sicilia e dal Mondo, con la partecipazione di Antonella Ruggiero e dell’Orchestra Sinfonica residente.

Nel 2009 scrive con Edoardo De Angelis, su musiche di Valter Sivilotti, i testi del balletto Voglio essere libero ispirato alla vita di Rudolph Nureyev, presentato nello stesso anno al Mittelfest di Cividale del Friuli e al Myth Fest di Positano.

Queste esperienze la conducono a cimentarsi nella stesura di alcuni testi di canzoni per De Angelis, e in uno dei lavori discografici dell’artista romano, la sua lirica Spasimo è prestata alla caratteristica voce di Andrea Camilleri.

Collabora, inoltre, alla scrittura di testi per Amedeo Minghi, Neri Marcorè, Milva, Antonella Ruggiero, Franco Simone.

Nel 2014, il romanzo Sale di Sicilia affidato ai tipi di Navarra Editore, segna il suo esordio nel mondo della narrativa.

Nel dicembre 2019, vede la luce il suo secondo romanzo, Maremmana, affidato anch’esso ai tipi e alla cura di Navarra Editore.

Nel mese di maggio 2024, Navarra Editore pubblica L’armaru, adattamento del teatrale omonimo nato da un’idea condivisa con Laura Mollica.

Di ambientazione siciliana, il romanzo contiene, in forma di QR code, canzoni del repertorio tradizionale e contemporaneo dell’Isola, affidate alla voce di Laura Mollica e agli arrangiamenti del M° Giuseppe Greco.    

 

 

 


 

 

La scrittura 

 

"Perché scrivere? Scrivere per sé può essere bello, taumaturgico, salvifico, scrivere anche per gli altri è percorso di crescita, di assunzione di responsabilità, atto di generosità, e al contempo di condivisione. Lo scrivere non può essere solamente narcisismo o catarsi, benché sia anche queste due cose. Scrivere è un gioco di squadra. Si è autori parziali della propria opera. Un romanzo si apre a ogni lettore, a ogni lettura, e diviene ogni volta qualcosa di diverso. Credo che scrivendo si voglia avviare un percorso, si desideri tracciare una strada nella speranza che volto lo sguardo all’indietro ci sia qualcuno a seguirla e condividerla.
Credo che tutti gli scrittori nel corso della carriera letteraria abbiano compiuto un viaggio, una maturazione; credo che tutti, in qualche modo, abbiano scritto tra le righe dei propri componimenti un grande e importante romanzo di formazione: quello della loro esistenza. 

 

"I mie romanzi sono tre. 

 

 

Tre stanze di una casa in costruzione. 
Tre figli. 
Tre amici. 
Tre specchi. 
Tre armadi. 
Tre capitoli del mio personalissimo romanzo di formazione.  
Nell'attesa che il cerchio si allarghi".


                                                                                                                                                                                                                                                                                 

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Sale di Sicilia

LA PREFAZIONE di Neri Marcorè

Questo romanzo è un atto d'amore, un'ode alla Sicilia, una serenata per entrare nelle grazie di questa terra e naufragare nella sua passione, sapendo che anche un solo passo di danza sbagliato potrebbe essere sufficiente a infastidirla, a vederla richiudersi nella sua pigra e nobile indolenza.
Per questo il ritmo è lento, le parole pesate e pensate, il cerchio largo. Ogni luogo ha un carattere e non si sa quanto lo assuma di riflesso da chi vi abita, o quanto, piuttosto, sia lei a imporlo a chiunque la attraversi e la viva. Il corteggiamento che l’io narrante progressivamente subisce, e rilancia, si sovrappone evidentemente all’esperienza diretta vissuta dall'autrice, che riversa, con tatto e generosità, tutto il suo amore e rispetto per la Sicilia in questa storia che cresce e cattura con lo scorrere delle pagine.

Le indagini del protagonista - un giornalista che per curiosità e istinto decide di aiutare degli studenti palermitani nell’ambito di una losca faccenda legata al traffico di opere d’arte - lo condurranno in una direzione inaspettata, conferendo alla vicenda una molteplicità di percorsi e letture, tante quanti i personaggi che affiorano nel romanzo, quante le ricette e i piatti tipici citati, i modi di dire, le espressioni gergali, i luoghi magici, antichi, misteriosi di una Palermo meravigliosa e brutale, troppo spesso oltraggiata, contraddittoria nella sua bellezza e decadenza, ricolma di tesori, nascosti o alla luce del sole, di cui si ha nostalgia già nel presente.

Sale di Sicilia, opera prima di Mariacristina Di Giuseppe, possiede una struttura densa, un andamento costante, ogni parola sembra pensata come una carezza per il lettore, compiacendolo con una ricchezza di linguaggio che si direbbe provenire da altri tempi, ma altrettanto, costringendolo al rigore di una letteratura di argomenti, riflessioni e sentimenti mai troppo facili. Il periodo è ricco, riflette, per i colori, gli aromi, l’abbondanza, proprio la terra che ospita gran parte della storia, che nel complesso risulta ben costruita, oltre che accuratamente documentata.

L’impressione è che la stessa però sia divenuta via via un pretesto per l’autrice, perché troppo invadente deve essere stata l’onda prepotente dei sentimenti, che alla fine dovevano prevalere su ogni altra cosa.

La nascita di un nuovo autore, e quindi di un nuovo progetto letterario, è sempre un evento fortunato, benedetto anche dalla curiosità di conquistare gli spazi aperti di un mondo inesplorato per visitarne gli angoli più nascosti, sia per chi scrive sia per chi legge.

Anche nel rapporto scrittore-lettore si innesca una sorta di corteggiamento, e se il respiro ha lo stesso ritmo e i passi sono ben intrecciati, alla fine si potrà dire di aver ballato bene insieme.

Buona danza. 

                                                                                                                                                                                             Neri Marcorè

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Maremmana

LA PREFAZIONE di Daniela Brancati

 

Viviamo in un mondo in cui tutti fanno a gara a chi è più sboccato, cialtrone e trasandato. Un mondo ben simboleggiato da quelli che comprano jeans nuovi e poi li tagliano, solo perché non possono permettersi quelli griffati, che escono dalla fabbrica già tagliati. Perciò, appena arrivi a pagina venti di Maremmana pensi di aver sbagliato secolo, o almeno decennio. Intendiamoci, moderni sono i personaggi, moderna è la trama e modernissimo il finale, che non dirò neanche sotto tortura. Se per moderno intendiamo il jeans squarciato, Mariacristina Di Giuseppe non ha ansia di modernità. Dall’incipit già si capisce: l’incedere della sua scrittura non è una marcia, non è un valzer, né una mazurka, men che meno un ritmo rock. La nostra autrice scrive al tempo di una passeggiata in campagna, ora più veloce, ora più lenta. A tratti si ferma per guardare da vicino una pianta strana. A tratti medita guardando le nuvole e si perde dietro ai suoi pensieri. Ci porta con sé in questa scrittura carsica, dove i personaggi appaiono e scompaiono, poi risalgono in superficie. Dove capita che uno di loro sia intagliato con la precisione di un cesellatore, un altro appena abbozzato ma curvilineo e pieno, alla Henry Moore, nella cui scultura trovi l’eco di rocce accarezzate e di pietre levigate dall’acqua, o delle antiche immagini arrivate fino a noi da civiltà incredibili. Qualche altro personaggio è tondo ed esagerato per alcuni dettagli surreali, alla Botero.

Mariacristina mi ha ricordato che alla lettura del suo primo romanzo ho detto stupita: “Ma tu non scrivi come parli”. Non era una critica, né un elogio, ma una semplice constatazione. Oggi posso dire che l’autrice è andata avanti in questa scelta, riscoprendo un italiano quasi aulico, normalmente sepolto sotto tonnellate di interiezioni gergali che hanno inondato il nostro quotidiano. Lo fa senza compiacimenti, come le suggeriscono la sua indole rigorosa, la sua curiosità.

Così questo libro è anche un contributo alla riscoperta della nostra amata lingua madre. Un romanzo a tutti gli effetti, con la precisione del saggio nella descrizione di eventi minori e apparentemente ininfluenti rispetto alla corrente principale che lo attraversa.

Fai fatica alle volte a pensare che Lorenza sia la protagonista, perché interagiscono con lei molti altri, di cui l’autrice racconta la storia con pari dignità e diverso metodo, perché la trama porta alla ribalta ora uno ora l’altro, quasi attori di teatro che aspettano pazientemente dietro le quinte che arrivi il loro turno. Ci sono personaggi, non comparse. Anche quando compaiono per un breve tratto nella storia.

Il vero protagonista non è neanche una persona fisica, bensì il male di vivere delle quarantenni d’oggi. Se da anni si dice che il vero disagio ai giorni nostri lo patisce il maschio, che ha avuto un’enorme perdita di ruolo nel post femminismo, in Maremmana, invece, malate sono le donne che vivono un disagio palpabile fin dalle prime pagine. Un male che non supera alcuna perdita, non colma alcun vuoto.

Un male che solo la maternità, alla fine è in grado di curare.

C’è una sacralità della maternità che è anch’essa storia antica. Prima che le società diventassero quello che sono – fallocratiche dice qualcuno, maschiliste dice qualcun altro – e nelle più diffuse religioni il potere fosse tutto al maschile, c’è stato un tempo in cui la dea madre era il culto dei culti. Consapevolmente o meno a quel tempo l’autrice si rifà.

In spregio a tutte le affermazioni di autonomia, all’idea che ciascuna donna possa bastare a se stessa se realizzata, l’autrice afferma con forza che esistiamo nella relazione con gli altri. In particolare con l’altro che abbiamo la possibilità di far vivere dentro di noi. Come donne, siamo disposte a pagare un prezzo alto per ottenere la maternità. Anche questa è rivalutazione di un messaggio antico.

Mariacristina ci invita alla lettura e ci mette in guardia:

Queste pagine – scrive – … contengono parole che si susseguono, si inseguono, si intrecciano, si perdono, saltano controcorrente, rompono gli argini, o li onorano affluendo ubbidienti nell’alveo tracciato. Da questo fiume pescate pure ciò di cui avete bisogno…”.

Insomma quasi un romanzo a menu, in cui ciascuno prenderà ciò che gli si confà.  O anche niente, “Se credete digiunate”, conclude. Il piatto, però, è invitante e diverso dagli altri. Mangiate o spiluccate, ma leggendo l’appetito verrà.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Daniela Brancati

 

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L'armaru 

LA PREFAZIONE di Tosca

Anima. La prima parola che mi viene in mente pensando a “L’armaru” è anima. Quella della protagonista in carne e ossa, quella di una nonna molto più grande dell’armadio che la incarna, quella di tutte le rappresentazioni oniriche delle donne coinvolte in questa vicenda, spesso più vere del vero: archetipi fortemente strutturati, porti a noi per indurci alla riflessione.

La capacità di Mariacristina di proiettarci in questo viaggio quasi a nostra insaputa è sopraffina, delicata ma non per questo meno portatrice di un dolore silenzioso, a volte rabbioso, che ci accompagna per tutta la lettura, soprattutto dal momento in cui - una dopo l’altra - voci femminili si sovrappongono fino a compattarsi in un unico grido, sempre lo stesso da secoli: ascoltateci.

La curva disegnata dalla donna siciliana – tante, ma alla fine sempre unica entità – nell’arco temporale qui narrato non è dissimile da quella che la condizione femminile in Italia (ma non solo) ha mostrato nell’ultimo secolo. Anzi; se consideriamo tutto ciò che sta accadendo in questo periodo storico, la curva rileva una brusca frenata, un pericoloso ritorno a visioni e situazioni che credevamo esserci messe alle spalle.

Da sempre, in tutto ciò che faccio metto verità, e la cifra artistica in cui mi riconosco è strettamente connessa alla mia femminilità, condivisa con quella di ogni donna che – ogni santo giorno – lotta per dimostrare il proprio valore, la propria personalità, la propria indipendenza. Ed ecco l’inganno: dimostrare. Un’incombenza che spetta solo a un genere, mentre l’altro ne è dispensato.

Ben venga, quindi, qualsiasi opera accenda un faro su tutto quello che potrebbe diventare una rischiosa – quanto anacronistica – abitudine. E se dobbiamo nuovamente rimboccarci le maniche per ribadire ciò che credevamo ormai scontato, lo faremo ancora una volta; anche grazie a chi, come Mariacristina e come me, non smette mai di combattere stereotipi e pregiudizi.   

                                                                                                                                                                             Tiziana Tosca Donati

 

                               

NOVITA'  | maggio 2024
L'armaru 

Il telefono squilla nella stanza vuota in cui Agata recita la parte di chi vorrebbe liberarsi del grande appartamento ereditato da una nonna che, solo anagraficamente, si direbbe, ha abbandonato questo mondo.

I suoi interlocutori vengono costantemente ingannati: è possibile visitare l’appartamento “sito a Palermo, in via Roma, a pochi passi dal Teatro Massimo”, come recita l’annuncio? Agata conversa con sussiego ma si nega, posticipa, temporeggia. Devia dall’argomento principale e si lascia lusingare dalle voci maschili che la conoscono per la sua arte: Agata è una cantante, ha fatto una professione di ciò che per nonna Lena era un vezzo.

Sebbene ancora ignori la ragione, sente che sarebbe una mossa azzardata consegnare l’appartamento a sconosciuti acquirenti. Soprattutto perché c’è ancora “un inquilino” tra quelle mura: un vecchio armaru (armadio), testimone affatto muto delle futili trattative di compra-vendita.

L’armaru inizierà, a suo modo, a darle dei segnali e a metterla in comunicazione con il misterioso, immenso “femminile” che è suo destino conoscere.

Nel corso della narrazione – a metà tra la prosa e il monologo teatrale – Agata si lascerà guidare da quell’antico custode che la condurrà a inaspettate verità su nonna Lena e sul coro di voci femminili che attorno a lei si raduneranno, a cuore aperto, con coraggio e determinazione.

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La fotografia

"È stata la prima forma d'arte che mi ha chiamato alla creazione. Durante un'uscita didattica, nella primavera della mia terza elementare, con la Polaroid in spalla, ho varcato la soglia di Castel Sant'Angelo e, contestualmente, quella del fantastico mondo della fotografia. Ricordo ancora il primo scatto di quella giornata così inaspettatamente significativa. Mi sentivo grande.

 

 

 

"Il canto delle sirene lo avevo già sentito molto tempo prima: la figura di mio padre, curva sulle vasche di sviluppo e fissaggio, l'odore forte e accattivante degli acidi, la magia della camera oscura che regalava foto a famiglia e amici e costruiva, cartoncino dopo cartoncino, immagine dopo immagine, la casa dei ricordi comuni. Era tutto bellissimo. Grazie papà.  

 

 

 

"Credo che le mie fotografie mi rappresentino e mi somiglino, così come il mio modo di scrivere. Sono, inevitabilmente, l'ospite di tutto ciò che scrivo e fotografo, perché ciò che mi muove è sempre il sentimento e la ricerca dell'armonia, anche nella tempesta, nella notte fonda. Mi infilo, dunque, e mi mimetizzo tra le rughe di un volto, tra i grovigli di un paesaggio urbano, lungo le linee sinuose di colline coltivate, nella fioritura di una guglia, tra le note di un musicista e il gesto che le libera. Non so essere neutra o indifferente. Partecipo, sento, condivido e cerco costantemente un punto di contatto, anche esiguo, millesimale, con le ragioni del bello e del buono. Cerco e intendo testimoniare quel lampo di infinito che ospitiamo, a volte senza consapevolezza, spesso con trascuratezza. Quando non lo vedo e non lo sento, lo immagino, lo fingo, lo restituisco anche nella sua apparente assenza, perché so che c'è e si sta solo nascondendo.

 

"Mi esprimo, dunque, attraverso gli altri, con gli altri, per gli altri e per me stessa, quando di luce, quando di parole. Lo faccio con riguardo, onestà e trasporto, tutto interiore, educato, ma potente. 

 

"Seguono alcune immagini di uomini e donne che ho incontrato, di territori che ho respirato, di bellezze che ho contemplato".  
 

 


 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                
 

IMMAGINI DA RaGIONEMARCHE

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Senigallia | Colline che guardano il mare

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Macerata| Campagna marchigiana

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Ascoli Piceno | La torre degli Ercolani

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Ancona | Matrimonio in Santa Maria della Piazza

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 Montegranaro | Nebbie al crepuscolo 

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Jesi | Teatro Studio Valeria Moriconi 

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Porto Sant'Elpidio | Stabilimento balneare

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Lungomare di Pesaro | La sfera di Arnaldo Pomodoro

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Fabriano | La cartiera

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Recanati | Stabilimento della EKO 

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Pesaro | Palazzo Mosca

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Urbania| Ceramista al lavoro
 

 

 

 


 

ARTISTI 


 

 

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Neri Marcorè

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Michele Ascolese

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Michele Ascolese | Dettaglio 

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Stelio Gicca Palli | Cantautore

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Edoardo De Angelis

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Tosca

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Moreno Cedroni | Chef

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Bruno Lauzi

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Milva

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Pupi Avati

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Giuliano Giuliani | Scultore

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Primiano Di Biase | Musicista

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Edoardo De Angelis |
Le allodole di Shakespeare

Edoardo De Angelis |
Il coraggio delle parole

Edoardo De Angelis |  Antologia d'autore 2 

Azzurra Music  

Azzurra Music 

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Sergio Endrigo |
Altre emozioni

Clara Murtas ed Ennio Morricone |
De sa terra a su xelu 

Bruno Lauzi |
Cioccolatino

Azzurra Music

Teatro del Sole 

Rai Trade 

Il teatro


 

 

"Il teatro è per me un odore. Certo, è tanto altro, ma è in prima battuta un odore. Quello che, sottile e pervicace, sentii risalire le mie narici la prima volta che varcai la soglia del Teatro dell’Opera di Roma. Ero una ragazzina di seconda media, condotta con l’intera classe di bestioline ancora abbastanza inconsapevoli ad assistere alla Cenerentola di Rossini. La nostra insegnante di musica era un soprano e voleva iniziarci al belcanto, al melodramma. Il profumo di teatro arrivò per quella via sensoriale dritto al cuore. L’odorato mi aveva regalato, a mia insaputa, un distillato di quel mondo. Mi sembrò di afferrarne il senso, l’essenza, la ragione, pur sapendone meno di nulla. Rimasi stordita per quasi tutta la durata dell’opera, lo ammetto. La vista di quel lussuoso apparato, quel profumo, l’atmosfera erano come un cocktail alcolico offerto a una dodicenne; non lo ressi con lucidità, ma contrariamente al cocktail non era inopportuno, era, piuttosto, una benedizione.

 

"Quell’odore è ancora lo stesso, ovunque io vada. Arriva puntuale a ogni mio ingresso in sala, non importa di quale tenore, dalla più umile alla più suntuosa.

 

"Non fu che l’inizio di una lunga serie di appuntamenti con teatri di ogni fatta, con messe in scena più o meno riuscite. Il sipario chiuso prometteva emozioni, e io le attendevo con i battiti accelerati. Ogni volta, ancora oggi, l’emozione di attendere l’inizio di uno spettacolo è la stessa, per nulla smorzata dalla consuetudine.

 

"Il caso ha voluto che qualche volta mi sia capitato di invertire i ruoli, di essere idealmente sul palcoscenico, non con il corpo, perché mai potrei, ma con i miei testi e con lo sperato intento di emozionare gli spettatori. Si è, perlopiù, trattato di interventi di scrittura incastonati nella trama musicale di concerti. Ho sentito le mie parole lette da attori e da cantanti, intonate da imponenti cori. Si sono fatte spazio tra le note musicali e i meravigliosi gesti dei professori d’orchestra, hanno taciuto in disparte per poi accordarsi nuovamente al flusso sonoro, inseguirlo fino a toccarlo e abbracciarlo, baciarlo con la coda di una sillaba rimasta sospesa nell’aria. Esperienze meravigliose; ringrazio con grande slancio chi mi ha offerto queste belle e significative opportunità, chi mi ha illuminato di fiducia.

 

"Qui di seguito uno stralcio dallo spettacolo musicale  Per terre assai lontane... sulla rotta di Cristoforo Colombo, nell'edizione speciale del 2018, al teatro Jolly di Palermo. Lo spettacolo, che vede la mia drammaturgia seguire il filo tracciato dalle canzoni di Francesco Giunta ed Edoardo De Angelis, ha contato due edizioni. Nella prima, del 2016, i testi teatrali inseriti nello spettacolo erano affidati all’arte di Stefania Blandeburgo e Paolo Briguglia. Nell'edizione del  2018  Stefania Blandeburgo è stata affiancata da Bruno Torrisi. Nel link che segue il monologo La cattedrale dell'amore; al violino il M° Giuseppe Cusumano". 

 

https://youtu.be/SuWE6oH8OUk
 

 


 

 

L'ARMARU | Il teatrale 
"Il romanzo dal titolo L'armaru, uscito per i tipi di Navarra Editore lo scorso maggio (2024), nasce da un testo teatrale scritto qualche anno fa su invito e sprone di Laura Mollica.  Lo scorso 6 giugno (2024), in quel di Palermo, nella splendida cornice della Sala Faust, Laura Mollica ne ha curato la prima messa in scena giocando mirabilmente i ruoli di attrice, cantante, regista. Di seguito il link al video che mostra alcuni estratti dal teatrale".  

 

https://youtu.be/VPAHx7vYq2w
                    

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

 


 

 


 

 


 

Le canzoni

"Un'esperienza limitata, la mia, ma significativa, felice e impegnativa per una come me che fatica a raccontare una storia in poche righe. Ogni volta è stato come vincere una sfida, senza gli strumenti del mestiere, senza armi, con la sola voglia di riuscire. E' stato come condensare mondi in miniature, affidandoli a qualche manciata di parole stipate in una piccola scatola magica, una scatola a molla. La magia è nel meccanismo infallibile; quando la scatola si apre al comando della musica, la molla scatta e propaga le parole nell'aria moltiplicandole, aprendole. Quando l'ispirazione è illuminata, come è spesso accaduto ai grandi della musica, le miniature si schiudono e sanno farsi cattedrali.  

"Tra le scatole magiche che ho avuto la sorte di contribuire a confezionare, ce ne sono due strettamente legate alla Sicilia. Le amo amo particolarmente. Si tratta di due brani tratti dall'album di Edoardo De Angelis del 2011, dal titolo Sale di Sicilia (Rai Trade), proprio come il mio romanzo d'esordio. La prima è una canzone che dà il titolo al lavoro. Vede i preziosi interventi canori di Mario Incudine, Edoardo De Angelis, per chiudersi con un canto delle saline interpretato da Laura Mollica.  Si avvale, inoltre, della della traduzione del testo in siciliano di Francesco Giunta  e dell'intervento di ispirati musicisti siciliani. Il secondo brano è una suite che si intitola Spasimo, e che vede al suo interno, tra le altre mirabili parti, una mia lirica affidata alla voce inconfondibile di Andrea Camilleri, e alla maestria di Giuseppe Greco al decacordo. Seguono le interpretazioni di De Angelis  e Giunta e chiude la meravigliosa Stranizza d'amuri cantata da Franco Battiato, accompagnato da Antonio Vasta alla zampogna. Penso a questa esperienza come a qualcosa di surreale, come a un regalo arrivato dallo spazio.  
"Dall'album Historias del 2008 (Il Manifesto) di Edoardo De Angelis vorrei citare Mamèm, la storia di una ballerina di strada che balla intorno alla vita, muovendosi al ritmo di una chacarera. 

 

"Dall'album  Il cantautore necessario volume I di Edoardo De Angelis e Michele Ascolese, dedicato alle grandi canzoni d'autore italiane, mi è rimasta nel cuore la splendida Mio fratello che guardi il mondo di Ivano Fossati. Introdotta da un'ouverture musicale di Michele Ascolese, questa versione ospita un mio piccolo testo letto da Neri Marcorè. 

 

"Vorrei ricordare anche Io credo, io penso, io spero, canzone scritta da Edoardo De Angelis e da me, su musica di Marco Testoni, interpretata da Antonella Ruggiero e inserita nel film Blackout. Nel 2014 vince il Premio Colonnesonore.net per la sezione MIGLIOR CANZONE ORIGINALE PER FILM ITALIANO.  E poi, Una storia da raccontareCinque parole,Arriva il tempo, Io sono l'amore, tutte grandi opportunità che mi sono state offerte di legare parole e musica.  
 

"Segue il link alla mia pagina YouTube. Vi potrete trovare alcuni semplici video che ospitano alcune di queste canzoni delle quali ho avuto il privilegio di scrivere per intero, o in parte, il testo:  www.youtube.com/@MariacristinaDiGiuseppe

 

"Grazie, se lo avrete fatto, per avere aperto queste scatole". 

                                                                                                                
                                                                                                                                                                                                                                                                                         
 

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Rassegna stampa e recensioni "Sale di Sicilia" e "Maremmana"


https://travelnostop.com/sicilia/eventi/teatro-massimo-le-ninne-nanna-di-antonella-ruggiero_52794#:~:text=Appuntamento%20inusuale%20della,di%20Marco%20Caronna.

https://www.palermomania.it/news/libri/marcore-e-de-angelis-presentano-sale-di-sicilia-br-il-nuovo-romanzo-firmato-navarra-editore-64135.html

https://www.isiciliani.it/sale-di-sicilia-unode-allisola-delle-isole/

Sale di Sicilia - Mariacristina Di Giuseppe - Recensione libro (sololibri.net)

Sale di Sicilia - Matte da Leggere

https://www.nuovaciminiera.it/2020/08/05/maremmana-di-mariacristina-di-giuseppe-un-romanzo-corale/

Un pizzico in più di "Sale di Sicilia" - Matte da leggere

Maremmana - Mariacristina Di Giuseppe - Recensione libro (sololibri.net)

EMOTIONS MAGAZINE - APRILE - MAGGIO 2021 - ANNO 11 N 45 by Emotions Magazine - 


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Vivere - supplemento de LA SICILIA - 6 novembre 2014 (Leonardo Lodato).

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La Nazione - 23 maggio 2020 (Michele Manzotti).

Rassegna stampa e recensioni  "L'armaru"

Recensione di Mario Bonanno:  https://www.sololibri.net/L-armaru-Mariacristina-Di-Giuseppe.html

 

 

Intervista a cura di Monica Pasero su ITALIANINEWS: https://italianinews.com/2024/05/19/intervista-alla-scrittrice-mariacristina-di-giuseppe/

 

Intervista a cura di  Mariagrazia Cucchi: DUE CHIACCHIERE CON... PUNTATA 149 - ospite Mariacristina Di Giuseppe (youtube.com)

 

Intervista a cura di Ida Guglielmotti su RADIO INBLU: https://www.radioinblu.it/2024/05/27/in-giro-per-litaliala-palermo-di-mariacristina-di-giuseppe/

 

Intervista su Cusano TV -  da SPEAKEASY - a cura di Piji Siciliani.  https://youtu.be/SFFU7ZNVnwg

 

Intervista su Globus Magazine  - https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=428831476790787&rdid=l4RopqXwqjC7...

 

Intervista su RIPOST a cura di Giuseppe Maurizio Piscopo: https://ripost.it/2024/08/14/ritratti-scrittrici-del-nostro-tempo-maurizio-piscopo-incontra-mariacri...


Recensione di Patrizia Zara - https://www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it/larmaru-mariacristina-di-giuseppe/

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"la Voce" - 19 luglio 2024 (Giuseppe Ricci).

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"la Repubblica" (Palermo) - 24 luglio 2024 (Marta Occhipinti).

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"LA SICILIA" - 15 settembre 2024 (Leonardo Lodato).

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Presentazione de "L'armaru" alla Dante Alighieri il 28 ottobre 2024.

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Presentazione de "L'armaru" a LuccAutori il 20 ottobre 2024.

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Contatti

www.mariacristinadigiuseppe.it     info@mariacristinadigiuseppe.it 

Canale YouTube:   www.youtube.com/@MariacristinaDiGiuseppe

Le foto che mi ritraggono sono state realizzate da Andrea Catoni